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"Opertae rursus occaecari debebunt sulcis in altitudinem tripedaneam depressis: qui cum parte dimidia lapides minutus vel nudam  glaream receperint, aequentur superiecta terra, quae fuerat effossa"

"I fossi chiusi si copriranno dopo aver approfondito lo scavo fino a tre piedi: questi scassi vanno riempiti per metà di piccoli sassi o di ghiaia pulita e pareggiati con  la terra estratta."

L. I. M. Columella, De Re Rustica,  I secolo d.c.

 
Poggio La croce -

L'area archeologica

L'aspetto attuale della collina di Poggio La Croce, caratterizzata da una sommità praticamente piatta, come si vede osservandola nel paesaggio (un buon punto di vista lo offre il paese di Radda),  è il risultato delle attività di edificazione del villaggio etrusco, che fu fondato alla fine del IV secolo a.C. per volontà della città etrusca di Fiesole, che, attraverso il sistema dei villaggi fortificati di altura, definì i confini del proprio esteso territorio, di cui l'attuale Chianti costituiva la parte più a sud. Poggio La Croce si inseriva, quindi, in una precisa rete insediativa, di cui, in questa zona, sono stati individuati altri tre villaggi, non tutti scavati. (Poggio La Guardia, al confine con Cavriglia; Cetamura del Chianti a Gaiole; Salivolpi/Casa al Vento a Castellina in Chianti).

Il percorso di visita consente di apprezzare appieno l'impianto urbanistico del villaggio. Sono ben visibili il muro di terrazzamento esterno e la cinta muraria di fortificazione che racchiudeva le case: ad est, è stato individuato anche un ingresso al villaggio con una porta che interrompe la cinta e si sviluppa parallela ad essa. È presente un sistema di canalizzazione per il deflusso delle acque piovane strutturato in canalette. Gli edifici sono realizzati, come la fortificazione, in pietra locale, l'alberese, la stessa di cui è fatta la collina. Ad oggi sono state individuate due case. Un altro edificio era riservato all'officina del fabbro: il piano della forgia conservava una grossa scoria ancora in posto, assieme a resti di pinze in ferro. Addossato ad una delle case, un ambiente destinato al torchio per la spremitura dell'uva indica che nel Chianti, già 2300 anni fa, si produceva vino. Dato, questo, che si incrocia con un altro ritrovamento di straordinario interesse: un rito di fondazione. Durante le operazioni di impianto del villaggio, venne realizzata, come cerimonia di buon augurio, nei pressi delle fondazioni di una casa, una piccola buchetta all'interno della quale gli abitanti posero semi di vari tipi di cereali, legumi, e nocciole; e tre acini d'uva di Vitis Vinifera, che gli archeologi hanno ritrovato carbonizzati: queste specie coltivate, offerte alla divinità, sono quelle su cui evidentemente si fondava la vita del villaggio.

Gli oggetti ritrovati all'interno delle case testimoniano poi molte altre attività quotidiane: la conservazione e la cottura del cibo, il consumo degli alimenti, la filatura e tessitura della lana, la caccia, il gioco ecc.

Durante la campagna di scavo del 1992, fu individuato un grande edificio costruito con pietre murate a secco, di circa 10mX4m: i materiali rinvenuti all'interno di questa struttura, simile ad un recinto delimitato solo su due lati, ben visibile durante il percorso di visita, hanno permesso agli archeologi di capire che si trattava di una costruzione molto più antica del villaggio etrusco. Poggio La Croce era cioè stato abitato precedentemente in periodo protostorico (Età del Bronzo Finale - XI secolo a.C.) da gruppi umani che praticavano la pastoria. Ricerche successive hanno portato a ritenere che il Chianti fosse inserito in itinerari di transumanza di cui ospitava i pascoli estivi. I reperti testimoniano la lavorazione del latte e la produzione del formaggio; mentre strumenti e oggetti semilavorati attestano una peculiare attività artigianale, la lavorazione del corno di cervo.

Tutta ancora da raccontare è invece la storia relativa all'Età del Rame (4000 anni fa) di cui sono state individuate, proprio negli strati sottostanti la fase del Bronzo Finale, testimonianze rappresentate da piccoli frammenti di oggetti ceramici riconducibili, per le caratteristiche della decorazione, alla cultura denominata del Vaso Campaniforme.